Credito al consumo: Cosa è cambiato negli ultimi anni?

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Il credito al consumo, in parte responsabile dell’ultima, enorme crisi finanziaria mondiale, ha ripreso a galoppare a ritmo alto, soprattutto in quei paesi in cui le banche sono più pronte ad offrire crediti di piccola e media entità a privati e famiglie. Una realtà che per molti anni non ha toccato l’Italia, dove l’acquisto a debito ha sempre preso le forme dell’acquisto a rate tramite finanziaria, con un fenomeno in parte contenuto per i livelli di controlli delle stesse e in parte per la bassa propensione, tutta italiana, all’indebitamento.

Questo almeno fino a qualche anno fa, quando il debito delle famiglie italiane, il debito privato, era a livelli così bassi da far comunque pensare al meglio per il futuro economico del nostro Paese: ad un indebitamento altissimo a livello pubblico, corrispondeva un virtuosismo delle famiglie che non aveva pari nel mondo occidentale.

Oggi però le cose sono cambiate: le famiglie italiane hanno cominciato, complice la crisi, ad indebitarsi in modo importante, con tutto quello che ne consegue sulle finanze dei privati sul medio e lungo periodo. Ne parliamo con gli esperti di www.affarimiei.biz, portale da sempre particolarmente attento al mondo del credito e tra i principali fautori, nel nostro paese, di una
politica di “indebitamento al minimo”, soprattutto per le famiglie.

INT: Cosa è cambiato negli ultimi anni? Perché le famiglie hanno cominciato ad indebitarsi?

AM: È cambiata la propensione all’indebitamento delle famiglie italiane, che ha due matrici radicalmente diverse. Da un lato i più giovani sembrano aver perso quel rispetto per il risparmio e per il non spendere quello che non si ha che era tipico della nostra cultura nazionale, almeno fino agli anni 90.
Dall’altro l’assoluta necessità di indebitarsi per mantenere, anche in tempi di crisi, livelli di consumi che moltissime famiglie non possono più permettersi. Un livello di consumi che non riguarda necessariamente soltanto i beni durevoli, come elettrodomestici e automobili, ma anche quelle che sono le piccole spese che in tempi di crisi forse si sarebbe fatto meglio a tagliare, come vacanze, ristoranti, abbigliamento. Sono in moltissimi, troppi secondo i dati in nostro possesso, a ricorrere a forme di indebitamento poco convenienti per acquistare una giacca, oppure anche per pagarsi una cena fuori al mese nel ristorante di lusso.

INV: I livelli di indebitamento delle famiglie italiane erano i più bassi del mondo. Perché dovremmo preoccuparci se si stanno avvicinando a quelli degli altri paesi sviluppati?

AF: Perché sono debiti di pessima qualità. Hanno tassi di interesse altissimi, che spesso rimangono di pochissimi decimali percentuali al di sotto del tasso di usura. Debiti che spesso le famiglie, soprattutto se le condizioni economiche del nucleo non migliorano, non possono essere in alcun modo essere restituiti. E da qui le ristrutturazioni del debito, che altro non sono che lo
spalmare debiti che non si possono ripagare lungo un arco temporale più lungo. Inizia quello che si chiama il circolo vizioso del debito, con le famiglie che
non sono più in grado di tornare ad una buona situazione di bilancio e che continueranno, per anni, a spendere anche il 15% soltanto in interessi. Una ricetta per il fallimento dell’economia famigliare e uno strapotere delle banche non solo sull’economia di grandi dimensioni, ma anche su quella minuta.

INV: Il problema sono le banche? Oppure le famiglie? Come si può migliorare questa situazione?

AF: Il problema è causato da tutti: le banche, che hanno trovato al loro nuova gallina dalle uova d’oro nel mercato privato, dove possono imporre interessi altissimi e con rischi relativamente bassi. I governi che si sono succeduti, che hanno visto nel facile accesso al credito delle famiglie un modo facile per aumentare i consumi. I consumatori stessi, che invece di tirare un po’ la cinghia, soprattutto per questioni non fondamentali come le vacanze o l’abbigliamento, hanno preferito ipotecare il loro futuro. Il debito, anche se ne parliamo purtroppo pochissimo, può diventare dipendenza al pari del gioco d’azzardo. La speranza è che tutti i soggetti coinvolti se ne accorgeranno prima che sarà troppo tardi.